A tre anni dal sisma vogliamo portare un contributo costruttivo al percorso di ricostruzione di Finale Emilia, e avviamo la nostra analisi partendo da una scelta fondamentale, e sbagliata, che ha avuto conseguenze negative a catena sulla nostra città. La scelta politica di decentrare le scuole elementari e medie ha avuto una dimensione macroscopica sul profilo urbanistico, in quanto ha modificato radicalmente l'assetto della città.
La riapertura delle attività scolastiche era sicuramente la priorità nel post terremoto, ma si potevano fare scelte diverse. Ad esempio si sarebbe potuto demolire il centro sportivo, insediare dei moduli temporanei e procedere immediatamente con il recupero delle scuole esistenti. A quest'ora avremmo già i ragazzi nelle aule, con la creazione di un plesso scolastico comprendente asilo nido, scuola d'infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado. Completabile sull'asse di Via Oberdan con il Teatro, con il recupero della ex scuola materna comunale a biblioteca e infine con il ripristino delle attività sportive al centro di Via Montegrappa. Mantenendo quindi le scuole, cuore pulsante di una città, espressione del suo futuro, come polo attrattivo tra centro e periferie consolidate. Sul fatto che gli edifici scolastici non siano recuperabili per la loro destinazione d'uso dal punto di vista della vulnerabilità sismica, i pareri degli esperti sono discordanti. La giustificazione secondo la quale non è prudente far rientrare i bambini in edifici danneggiati e ristrutturati non ha alcun sostegno; se così fosse non sarebbe prudente nemmeno rientrare nel Municipio, nel Duomo, nelle nostre case.
Dal punto di vista del profilo architettonico i nuovi edifici scolastici sono completamente avulsi dal contesto della città. Anche il loro orientamento è sbagliato, visto che girano le spalle all'abitato e sono rivolti verso la campagna. Evidentemente chi si è occupato di quei progetti non aveva alcuna competenza urbanistica, forse nemmeno conosceva la storia del paese, o forse aveva cose più importanti (per lui) di cui occuparsi.
Il percorso partecipato per il piano della ricostruzione è stata una mera perdita di tempo. Si è persa l' occasione per ripensare la città sul piano urbanistico e da un punto di vista globale. La ricostruzione sta procedendo molto lentamente: si stima che gli immobili recuperati siano appena un terzo del totale degli edifici danneggiati (dati Regione Emilia Romagna Maggio 2015) e si tratta principalmente di abitazioni con danni leggeri classificate B e C, mentre la ricostruzione degli edifici con danni gravi è ancora molto indietro. Di questo passo la ricostruzione terminerà fra 13 anni, escludendo gli edifici per i quali i proprietari non hanno manifestato alcun interesse alla ristrutturazione. Si interviene in maniera puntuale, sui singoli edifici, senza tenere conto dell'assetto tipico della città.
Finale Emilia si sviluppa sulla direttrice Via Cimitero - Via Marconi – - Largo Cavallotti – Piazza Baccarini - Via Trento Trieste. Sulla destra i servizi (poste, municipio, ospedale), i monumenti (largo Agnini – Castello) e il raccordo con le Piazze Verdi e Garibaldi, attraverso via Cesare Battisti e Via Mazzini. Sulla sinistra l'ex ghetto ebraico (peculiarità unica nella zona, da salvaguardare e restaurare assolutamente, recuperando quella che fu la sua funzione sociale intrinseca), collegamento tra il centro e il plesso scolastico.
La collocazione delle scuole è definitiva, ma ancora non sono state pensate, potenziate e adeguate le vie di collegamento: si pensi ad esempio a Via Battaglia e Via Comunale Rovere, assolutamente inadatte a reggere il traffico veicolare diretto al polo scolastico, fortemente concentrato in brevi lassi di tempo, senza piste ciclabili sicure, senza attraversamenti pedonali, su zona ad elevata densità abitativa.
Per far rivivere il centro storico è necessario che le persone tornino a vivere e lavorare nel centro storico. Le manifestazioni culturali e ricreative, per quanto utili e auspicabili, sono eventi estemporanei che non risolvono il problema dello spopolamento del centro storico, e spesso provocano più disagi che vantaggi alle attività e ai pochi residenti rimasti.
E' assolutamente prioritario e necessario riportare i servizi in centro, la ristrutturazione del Municipio deve vedere l'impegno costante e martellante della amministrazione. La delocalizzazione di servizi e attività, lo spopolamento, la difficoltà di transito dovuta a restringimenti e transennamenti, sta causando l'abbandono del centro storico. Ed è risaputo che le aree urbane abbandonate diventano rapidamente preda di microcriminalità, il degrado produce degrado. Già adesso assistiamo ad un utilizzo "selvaggio" degli spazi: nessun rispetto per le regole della viabiltà e della sosta, incuria e mancanza di manutenzione delle strade, del verde pubblico, dei monumenti sopravvissuti al terremoto. Invece di continuare a rimpiangere e commemorare ciò che abbiamo perduto, proviamo ad avere maggiore cura di ciò che ci è rimasto o che ci è stato donato. Pensiamo ad esempio alla fontana di Piazza Baccarini che non zampilla, alla campana sempre di Piazza Baccarini che non suona, agli alberi di Via Frassoni da potare, al campo Robinson dove l'erba alta la fa da padrone, all'evidente stato di abbandono della zona autostazione e dell'area acquedotto. Sappiamo bene come i luoghi abbandonati diventino insediamento privilegiato per attività di microcriminalità. L' amministrazione deve intervenire facendosi carico di ciò che le compete, ma anche facendosi promotrice verso i privati, affinchè gli edifici danneggiati vengano recuperati e restituiti alla loro funzione, dando precedenza alla ristrutturazione delle prime case di abitazione, per evitarne l'abbandono. Ma anche sulle seconde case il pubblico deve intervenire, in veste di mediatore e regolatore del mercato, ad esempio imponendo che una parte dei volumi recuperati con i fondi pubblici sia destinata ad affitti a canone concordato e a giovani coppie.
Piazza Verdi deve diventare il salotto della città, interamente pedonabile, deve essere abbellita con elementi di arredo urbano, dando priorità al verde, alle aiuole, alle fontane. Ci devono essere panchine per sedersi che consentano la visione delle vetrine dei negozi, e zone di relax con tavoli. Importantissimo il wi fi pubblico che permetterebbe a studenti e professionisti di studiare e lavorare all'aperto.
Piazza Garibaldi costituisce il luogo priviligiato per un parcheggio di prossimità, ma è necessario ripristinare il manto stradale, la segnaletica orizzontale e verticale, maggiore controllo da parte degli agenti di polizia municipale per il rispetto delle norme. Sarebbe interessante provare a renderla pedonabile nei fine settimana, consentendo ai cittadini di passeggiare e godere delle vetrine, dei bar e delle gelaterie, ed utilizzando lo spazio centrale per iniziative delle associazioni di volontariato. Su quest'ultimo tema rileviamo che mancanza di un coordinamento, spesso le attività si sovrappongono e le informazioni stentano a circolare, nonostante il largo uso dei canali tradizionali e dei social. E' necessario rivitalizzare la consulta del volontariato, eventualmente declinata per aree tematiche (sociale, sanitaria, culturale, sportiva).
E' vero, il terremoto, la crisi economica, le difficoltà di bilancio di questo Comune sono grandi ostacoli. Ma l'amministrazione deve dare dimostrazione di avere a cuore il centro storico della città, deve dare segnali forti, non deve dare per scontato che il cambiamento di abitudini di vita sia ineluttabile: le abitudini, gli stili di vita, vanno governati, promossi, incentivati, non subiti passivamente. Una amministrazione non può limitarsi a dire "e io cosa ci posso fare?".
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