L'articolo di Rifondazione Comunusta uscito sul numero di aprile del mensile finalese Piazza Verdi.
Quando un territorio comincia a
prendere forma dopo un sisma così violento come quello del 20 e 29 maggio 2012
emergono gli aspetti più disastrati di una terra colpita e messa duramente alla
prova.
Nella frettolosità della fase
“adrenalinica” scandita dalla parola d’ordine “RICOSTRUIRE”, non ci si tiene conto che le scelte assunte
portano ad una nuova immagine del paese. E spesso il cittadino viene
defraudato delle proprie radici.
Si comincia a vedere un mutamento
urbanistico spezzettato, una sorta di “anello allargato” che racchiude, oltre
al dolore, la scomodità dovuta a collegamenti urbanistici non facilmente
accessibili, creando una dispersione delle relazione sociali, già in bilico da
prima, con annesso calo di rapporti interpersonali e di luoghi di incontro.
Era utile aprire una fase progettuale in cui tenere conto del “sentire”
del cittadino, coinvolgendolo affinché non si considerasse espropriato dei
propri luoghi.
Non si è sufficientemente
riflettuto sull’impatto negativo che possono avere lo spaesamento, la mancanza
di punti di riferimento su molte persone anziane, e non solo, con conseguenze a
volte drammatiche. Il vedere (come qualcun altro ha già scritto) il paese in
uno stato “comatoso”, depauperato del via-vai delle persone, delle
frequentazioni davanti ai bar, dei tipici “ruglet” finalesi è doloroso per
chiunque.
È importante, anche per una sorta
di “ristrutturazione intima” del cittadino valutare
insieme la possibilità del recupero degli stabili e degli spazi esistenti,
pur adibendoli ad un uso diverso per cui erano destinati. Si doveva ascoltare
con maggiore attenzione chi, generosamente e con competenza (architetti,
ingegneri, tecnici) si rendeva disponibile per un pieno recupero e
ristrutturazione del paese. La generosità verso i paesi colpiti dal terribile
sisma è stata ed è ancora tanta; anche un progetto di ristrutturazione è un
generoso contributo che costituisce motivo di lustro e prestigio anche per chi
lo propone.
Sicuramente è difficile capire
cosa sia giusto o cosa sia sbagliato ma, come spesso succede, si considera
importante produrre in fretta qualcosa di nuovo, di altro, e in qualche maniera
lasciare una traccia di sè... e poi poco importa cosa si sia dovuto sacrificare!
L’unica cosa certa è che la posta in gioco è altissima: saper coniugare
territorio e identità.
Spesso il cittadino non viene
messo nella condizione di scegliere; ma, forse, a volte preferisce non mettersi
in questa modalità per non vestirsi da contestatore perdendo però di vista che
la “città gli appartiene” e appartiene anche alle generazioni future.
Abbiamo il diritto di ridisegnare le nostre esigenze comuni e poiché
ogni popolo ha una sua storia, la scelta di continuare a ridisegnarla dipende
da noi cercando di non avere futuri rimorsi per colpa di un uso improprio
del territorio. Territorio già duramente messo alla prova da prima del sisma
per una situazione alquanto critica di inquinamento, a causa dei vari progetti
impattanti messi in funzione nel corso degli ultimi anni e per un consumo
vorace di territorio.
Rifondazione Comunista di Finale Emilia
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