È il primo sisma che ha colpito un territorio estremamente vasto coinvolgendo 52 Comuni a cavallo fra 4 province e 2 regioni. È il primo sisma che ha coinvolto un’area fortemente industrializzata che produce il 2% del PIL nazionale.
È il primo sisma in cui si sono manifestate platealmente le conseguenze di “classe” che può provocare una calamità naturale:
prima con la morte di lavoratrici e lavoratori rimasti sepolti dai capannoni nei quali costruivano ogni giorno il mito dell’operosità emiliana e poi con l’inaccessibilità alle risorse per la ricostruzione che rendono la vita dei più deboli ancor più difficile.
Ma è anche il primo sisma caratterizzato da una fortissima ed evidente lontananza dello Stato dai suoi cittadini che soffrono. Un sisma che è stato vissuto dal Governo Monti come una seccatura economica nel lavoro di messa in ordine dei conti ben rappresentato dalla aberrante frase del sottosegretario Catricalà quando disse, a proposito della proroga fiscale, che “...era un lusso che l’Italia non poteva permettersi...”.
È il primo
sisma in cui il governo ha dichiarato fin dai primi giorni la sua
indisponibilità a risarcire interamente i danni subiti dalle popolazioni
fermandosi all’asticella dell’80%, cifra teorica perché una volta fatti i conti
la percentuale scende di parecchio. Solo l’avvicinarsi della campagna
elettorale, a oltre 8 mesi dal sisma (!!!), ha costretto il Parlamento a
rivedere questa percentuale e a garantire a tutti il 100% di rimborso, seppur a
saldi di bilancio invariati. Tutt’oggi, infatti, le risorse virtualmente a
disposizione per la ricostruzione superano di poco i 9 miliardi mentre
l’ammontare dei danni calcolato dalla Protezione civile ammonta a oltre 13miliardi.
Tutt’oggi sono pochissimi coloro che hanno completato le pratiche per la
ricostruzione e ottenuto la garanzia che saranno rimborsati.
È il primo
sisma in cui ai terremotati che hanno perso la casa, a chi ha perso il
lavoro o è in cassa integrazione, agli artigiani e alle aziende che hanno avuto
il capannone inagibile o subito cali di fatturato è stato chiesto di pagare
le tasse come se nulla fosse successo, con la gentile concessione di un
mutuo a tasso zero (quindi pagato dalla collettività) da restituire in due
anni.
È il primo
sisma che colpisce un’area produttiva in piena crisi economica, con
conseguenze pesantissime per l’oggi e per il domani: 40mila lavoratrici e
lavoratori di 4mila unità produttive collocati in cassa integrazione a causa
del sisma nel periodo di massima emergenza, ma ancora oggi sono circa 2mila i
lavoratori ancora in cassa integrazione per sisma; mentre la Regione Emilia
Romagna stima che i danni provocati dal terremoto abbiano causato la perdita di 4.800 posti di
lavoro dipendente, pari a un terzo dell’intera variazione
registrata nell’anno in Emilia Romagna.
Secondo noi
il terremoto che si è verificato in Emilia, e il conseguente disagio sociale
che sta provocando tra la popolazione di queste terre, può essere assunto come
metafora della crisi sociale provocata dalla crisi del modello capitalistico. E
così, come la crisi di sistema nella quale ci troviamo, anche la devastazione
prodotta da un fenomeno naturale come il terremoto avrà una ricaduta e delle
conseguenze che non saranno, non potranno essere, uguali per tutti. Di nuovo
anche in questa situazione di emergenza, in questa crisi, i più colpiti
saranno i ceti meno abbienti, i lavoratori, i precari, i piccoli artigiani, gli
immigrati.
Quindi, per i
comunisti, l’ennesimo “che fare” dopo l’emergenza? Oggi, a un anno di
distanza dal sisma, ci rendiamo conto che c’è ancora tantissimo lavoro da fare,
soprattutto sul versante politico nel proseguire la battaglia perchè i diritti
dei cittadini colpiti dal sisma siano garantiti e rispettati, oggi per gli
emiliani e domani per tutte le comunità che saranno colpite da calamità
naturali.
Due punti
sono fondamentali:
1) vogliamo
la garanzia del rimborso integrale e tempestivo del danno da sisma, perché
l’indennizzo al 100% non è una concessione ma un diritto per tutte le famiglie
e le imprese che hanno subito un danno!
2) vogliamo
per l’Italia un grande piano di messa in sicurezza sismica del territorio,
a partire dalle strutture pubbliche, e una legge sulle calamità naturali per evitare
che altre comunità patiscano i disagi che stanno subendo oggi emiliani e
aquilani.
Stefano Lugli – Segretario PRC Federazione
di Modena
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