venerdì 6 settembre 2013

LA CISPADANA AUTOSTRADALE E LA MEDICINA INEFFICACE

Intervento di Silvano Tagliavini, portavoce del Coordinamento cispadano NO autostrada.

In economia, come in medicina, la stessa cura non vale sempre nel tempo, dipende dallo stadio della malattia e dalle condizioni del malato.

Negli anni sessanta guardando l’Italia, ma anche l’area di quella Europa che sarebbe diventata Comunitaria, si pensò che la costruzione di grandi infrastrutture autostradali sarebbe stata la cura, dopo la guerra, idonea per un rilancio economico stabile e duraturo. Che la cosa fosse solo parzialmente vera venne messa  in evidenza dalla crisi petrolifera degli anni 70/80. Già a quelle prime avvisaglie molti economisti, ma non solo, incominciarono a mandare segnali alla classe politica che la medicina, buona per gli anni sessanta, nel futuro non avrebbe più garantito la salute del soggetto in cura (Italia e Europa Comunitaria) e che, per  tempo, si sarebbe dovuto approntare un nuovo “sistema immunitario” per contrastare “l’epidemia” in arrivo. Per quanto riguarda il settore trasportistico l’Europa Comunitaria nel 2001 individuò il “ceppo del virus” che stava già contagiando la nostra economia e che risiedeva nel sistema di trasporti di persone e merci per le lunghe distanze che si basava sostanzialmente sulla gomma. Sistema che incideva fortemente sul costo finale del prodotto in quanto troppo impattante dal punto di vista economico ed ambientale, urgeva quindi cambiare sostanzialmente adottando metodi di trasporto meno impattanti quali il trasporto su ferrovia e su acqua (vie navigabili interne e marittime).
Nel documento della Commissione Trasporti della Comunità Europea (Libro Bianco 2001 e suoi aggiornamenti del 2006 e 2010) veniva sintetizzato questo concetto e veniva anche esplicitamente scritto che da quel momento in poi la Comunità Europea non avrebbe più finanziato opere autostradali per le motivazioni sopra riportate.
C’è da dire che anche chi governava la Regione Emilia-Romagna in quegli anni e negli anni successivi (sempre gli stessi) ebbe una intuizione sul  problema e la  concretizzò con l’approntamento del PRIT 98/2010 salvo poi disattenderlo nella parte operativa con una azione che andava in direzione diametralmente opposta ai concetti espressi (a tale proposito si legga la VALSAT inerente al PRIT stesso). Dal 2001 ai giorni nostri è stato un fiorire, in Emilia Romagna, di progetti autostradali nuovi e di trasformazione di quelle già presenti quali: Cispadana, Ferrara mare, E55 (Romea), la E45 (Cesena-Orte), TI.BRE, Bretella Campogalliano-Sassuolo, Passante Nord di Bologna, Variante di valico, 4^ corsia Bologna-Modena e proseguimento fino a Piacenza, 3^ corsia A14 da Bologna a Rimini e suo proseguimento, 3^ corsia della A22 da Modena a Verona.
In sostanza, nonostante gli avvertimenti degli esperti, i “medici/stregoni” locali hanno continuato, e continuano ancora oggi, a prescrivere la stessa medicina nonostante le condizioni di salute dell’ammalato continui a peggiorare. A nessuno di questi “medici/stregoni” è passata per la mente l’idea che forse è da rivedere la medicina fin qui usata che molto probabilmente non è più adatta a fronteggiare la malattia. Questo lo si è visto ancora una volta nel convegno del 22 luglio scorso promosso dalla Società Autobrennero a Modena dove, ancora una volta, si è ribadita la bontà della medicina sin qui  adottata (“le autostrade servono per un rilancio economico dei territori interessati !”) e si sono chiesti finanziamenti per continuare a somministrarla.
C’è bisogno, dopo troppo tempo, che chi ha veramente a cuore la sorte del “malato” si ponga la domanda se questi “medici/stregoni” sono all’altezza della situazione o è meglio provare a cambiarli prima che sia troppo tardi.

Silvano Tagliavini
Portavoce Coordinamento cispadano NO autostrada

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